Anticorpi neutralizzanti

Chi più ne ha più ne metta!
Lo scenario legato alla pandemia da Covid-19 è radicalmente cambiato a seguito della partenza della campagna vaccinale. Se inizialmente l’interesse nei confronti del virus SARS-CoV-2 riguardava l’individuazione dei soggetti infetti, oggi il dibattito si è spostato sull’efficacia dei vaccini.
La partita principale, infatti, si gioca in termini di “titolo anticorpale”, cioè di quantità di anticorpi neutralizzanti prodotti in seguito alla vaccinazione;
ad oggi, questo è l’unico modo di “misurare” la capacità di difesa dell’organismo nei confronti di eventuali infezioni da SARS-CoV-2.
Tuttavia, nonostante il notevole interesse da parte della popolazione, molti aspetti risultano spesso poco chiari:

- Perché nel 2020 si parlava genericamente di “anticorpi” ed ora dobbiamo familiarizzare con il termine “neutralizzanti”?
All’inizio della pandemia si parlava genericamente di anticorpi IgM e IgG, tuttavia c’è una sottocategoria delle IgG che riesce ad impedire il legame tra i due recettori RBD e ACE2. Si tratta degli Anticorpi Neutralizzanti (NAb) che vengono così definiti perché “neutralizzano” il legame tra questi recettori, impedendo al virus di attaccare la cellula bersaglio. - Che ruolo hanno (o possono avere) i test sierologici di cui si è tanto discusso lo scorso anno?
I test sierologici si dividono in due tipologie, in base alla ricerca della proteina S (Spike) o della proteina N (del Nucleocapside) ma in entrambi i casi questi test non possono essere utilizzati per la rilevazione degli Anticorpi Neutralizzanti.

- Quale deve essere la risposta dell’organismo al vaccino per farci sentire “al sicuro”?
Da un’indagine condotta dall’Ospedale Niguarda su 2497 persone emerge che, a due settimane dalla seconda dose del vaccino Pfizer, il 95.6% dei pazienti aveva prodotto anticorpi per almeno 1.000 BAU/ml (62.2% oltre 2.000 Bau/ml) mentre una minoranza, mostra una risposta immunitaria bassa (200-300 BAU/ml) o risulta essere addirittura di “non responder”, cioè soggetti che non reagiscono alla vaccinazione. Questi pazienti sono, dunque, meno protetti o addirittura indifesi in caso di infezione o re-infezione da SARS-CoV-2.
I prossimi mesi saranno fondamentali per avere maggiori indicazioni ma, per tutti i motivi esposti, monitorare periodicamente la presenza e la quantità degli anticorpi NAb rappresenta, ad oggi, un’esigenza di primaria importanza.